Maucieri D. - Leggi e decreti monetari del Regno di Napoli durante il Decennio Francese (1806-1815).
Danilo Maucieri
LEGGI E DECRETI MONETARI DEL REGNO DI NAPOLI DURANTE IL DECENNIO FRANCESE (1806-1915)
Ed. 2010, f.to 17x24cm., pp. 176, ill. b/n
Nel bel mezzo di uno dei periodi più travagliati della storia d’Europa – è il giugno del 1792, siamo in piena Rivoluzione Francese – due astronomi, Jean-Baptiste-Joseph Delambre e Pierre-François-André Mechaine lasciano Parigi per una missione, voluta dall’Assemblea Nazionale, che ha come scopo la misurazione dell’arco di meridiano che collega Dunkerque a Barcellona. L’obiettivo, nel più autentico spirito illuminista, è quello di stabilire una nuova unità di misura universale – il metro – che ponga fine alla babele di sistemi di pesi e misure in vigore all’epoca sia in Francia che nelle altre piccole e grandi Nazioni europee. Fissato in un decimilionesimo della distanza tra il Polo Nord e l’Equatore, il metro sarebbe stato “patrimonio di tutti gli esseri umani, proprio come la Terra appartiene a tutti”. Fatto proprio dalla nuova Francia repubblicana ed “esportato” nei Paesi satellite per effetto della politica espansionistica del Bonaparte, il sistema metrico decimale non produrrà effetti, tuttavia, soltanto nella misurazione di distanze, superfici, pesi e volumi ma riuscirà, in un continente estremamente frammentato, a rivoluzionare e unificare perfino la monetazione. La Legge del 18 Germinale dell’anno III della Repubblica (8 Aprile 1795) istituisce il franco di 100 centesimi che, con la promulgazione della Legge del 28 Termidoro (15 Agosto), soppianta la secolare livre tournois quale unità monetaria di Francia. Battuto in argento al peso di 5 grammi e al fino di 900 millesimi, il franco verrà inserito in seguito in un sistema bimetallico con Legge del 17 Germinale anno XI (7 Aprile 1803); il rapporto oro-argento è fissato nella misura di 1 a 15,5. Con la conquista, da parte delle armate di Napoleone, di territori sempre più vasti e con l’insediamento al potere dei cosiddetti “napoleonidi”, la révolution monetaria decimale si estende al Belgio, ai Paesi Bassi, alla Spagna, ad una parte della Germania e perfino alla neutrale Svizzera senza contare, naturalmente, quegli Stati italiani posti sotto l’influenza diretta o indiretta del Grande Corso. Tra questi vi è il Regno di Napoli che, nell’arco di un decennio circa (dal 1806 al 1815), vede avvicendarsi sul trono dapprima Giuseppe Napoleone (fratello dell’imperatore) e poi Gioacchino Murat (cognato di Napoleone). Fedeli al processo di ammodernamento amministrativo in atto nella madrepatria, i due sovrani danno vita alle relative monetazioni per il Meridione d’Italia coniando l’uno soltanto delle rare piastre da 120 grana, l’altro sia piastre che spiccioli in rame di vecchio taglio per adottare quindi, dopo alcuni anni, la lira-franco a modello francese. Le monete uscite dai torchi della zecca napoletana in questo periodo, spesso raffinate nell’esecuzione (come non apprezzare i solenni ritratti di Murat!) e in buona parte di notevole o estrema rarità (specie alcuni nominali in oro e in argento) rappresentano, tuttavia, solo l’ultimo passo di un processo nel quale, a giocare un ruolo fondamentale sono in primis gli atti legislativi e gli strumenti esecutivi con i quali gli organismi preposti all’emissione di moneta stabiliscono metrologia e impronte, modalità di circolazione, scambio e ritiro degli esemplari. La fase di decretazione, la “definizione” in termini di legge di un nuovo nominale o di una serie rappresenta infatti l’effettivo inserimento dello strumento-moneta nella struttura funzionale dello Stato, l’atto con cui la volontà politica del sovrano o dei suoi ministri, le esigenze economico-finanziarie del Paese o, perché no, il fine propagandistico e quello celebrativo-ostentativo assumono contorni formali che, all’atto della coniazione, si traducono in elementi sostanziali, in metallo, parole e simboli, in valore e garanzia. Alle leggi riguardanti l’emissione e la circolazione delle monete napoletane si aggiungono quelle – altrettanto importanti - relative al corso delle valute forestiere, che viene strettamente regolamentato da dispositivi tesi a sfavorire l’ingresso nel Regno di specie non gradite e limitare, quanto più possibile, l’alienazione al di fuori dei confini della buona moneta locale. Da questa messe di documenti d’archivio – spesso fondamentali per chiarire punti controversi nella storia monetaria del Regno di Napoli in epoca napoleonica – attinge Danilo Maucieri per questa sua seconda originale opera che segue (pur precedendola come ambito storico di riferimento) quella, di analoga impostazione, pubblicata nel 2007 e intitolata Leggi e decreti monetari del Regno delle Due Sicilie. Pensare, tuttavia, che l’autore si limiti ad una elencazione o ad un repertorio di strumenti di legge è fuorviante e riduttivo: questo volume, infatti, ai testi legislativi affianca tabelle di ragguaglio tratte dai decreti stessi, riproduzioni di monete e sigilli, ritratti ed uno sterminato apparato di note, talvolta prevalenti sul testo vero e proprio e, proprio per questo, capaci di contestualizzare al meglio aspetti complessi (quali la raffinazione dei metalli preziosi) e fenomeni esemplari del panorama monetario (come la produzione e la spendita di monete false, calanti e tosate). L’autore non si limita, inoltre, a prendere in esame la monetazione metallica rivolgendo il proprio interesse – e stuzzicando la curiosità dei lettori – anche verso quelle fedi di credito cartacee che circolano nel Regno di Napoli quale moneta fiduciaria durante il decennio francese. Proprio perché “impalpabili” rispetto all’oro e all’argento – caratterizzati da valore intrinseco - questi strumenti vengono sottoposti – al pari e più della moneta metallica – a regolamenti di emissione, accettazione e circolazione, che Danilo Maucieri censisce e commenta con puntualità e rigore. Nel suo percorso “alle origini della moneta”, l’autore si sofferma infine sulle leggi e le disposizioni riguardanti l’organizzazione dell’officina monetaria partenopea, la gestione della sua attività interna e delle maestranze: un prezioso - e spesso curioso - corpus documentario che ci conduce, letteralmente, nel cuore della zecca di Napoli in un periodo in cui lo stabilimento di coniazione più importante del Mezzogiorno vive una delle fasi più interessanti e dinamiche di tutto il XIX secolo. Onore al merito, dunque, a Danilo Maucieri per aver dato alla luce questo secondo volume – una vera e propria miniera di notizie e di approfondimenti – ed onore al merito all’Associazione Culturale “Italia Numismatica” che, fedele alla propria politica editoriale, ha ancora una volta scelto di evidenziare un aspetto di quella “cultura della moneta” che fa della Numismatica ben altro che una scienza accessoria della storia, ben più che una semplice passione.
(dalla Prefazione di Roberto Ganganelli)